domenica 5 ottobre 2014

Cosa s'intende per decrescita?

Dove: Gussago BS, Italia

Questi miei giorni di ritorno temporaneo alla frenesia continentale mi sembrano i più adatti per impormi una pausa ed inaugurare una nuova rubrica: "L'inesperta risponde" - ovvero "come ti rispondo a domande a cui non so come rispondere".

Da quando abbiamo deciso di cambiare vita le persone con cui chiacchieriamo, chi per curiosità, chi per reale interesse e chi per saggiare il grado della nostra follia, ci rivolgono tutta una serie di logiche domande. Ho deciso di provare a rispondere pubblicamente alle più pregnanti.

L'inesperta risponde: cosa s'intende per decrescita?

Per non infilarmi in un ginepraio proprio all'apertura di questa nuova rubrica non risponderò davvero a questa domanda rimandando gli interessati a fonti ben più autorevoli: Movimento per la Decrescita Felice; penso invece di poter provare a spiegare cosa significa decrescere per me e, sono sicura, in larga parte anche per le mie compagne d'avventura.

Sono nata e cresciuta in uno dei territori più industrializzati d'Italia e questo per lungo tempo è equivalso a non conoscere un vero disagio economico ed a considerare i comportamenti ecologici più una questione di buone maniere che di responsabilità.

La convivenza, il mio primo animale domestico, lo scontro con i molteplici lati oscuri del mondo del lavoro, sono cose che per me sono arrivate tutte insieme e senza preavviso hanno provocato l'inizio della mia maturazione e, necessariamente, un cambiamento di prospettiva sul problema ecologico e dei consumi: perché consumiamo più del necessario? Perché non cogliamo le relazioni tra i nostri comportamenti quotidiani, i cambiamenti climatici, le calamità naturali, le nuove intolleranze, le nuove malattie?

Ma la svolta è stata una cosa relativamente semplice: passare dal comprare prodotti biologici al supermercato al frequentare i mercati contadini biologici.
A questo punto di solito vengo interrotta prima di poter completare la frase con obiezioni del tipo:

  1. «Se ne fai una questione di consumo, perché compri prodotti biologici che costano molto di più dei prodotti normali?»
  2. «Il biologico è tutto una fuffa»

Alla prima posso rispondere col noto detto popolare "chi più spende meno spende", mentre per la seconda (ma anche di nuovo per la prima) torno al nocciolo della questione: i mercati contadini biologici.

Andare a comprare frutta e verdura al mercato contadino biologico significa poter guardare in faccia chi produce il tuo cibo, parlargli e percepire l'amore che ci mette, avendo la matematica certezza che il cibo che ti vende è lo stesso che mette in tavola per sé ed i suoi figli. Nessuna persona mentalmente stabile avvelenerebbe mai i propri figli in modo volontario; ergo quel cibo è sano e naturale. Basti pensare che questi frutti e questi ortaggi hanno il sapore che dovrebbero avere, ma che tutti si dimenticano, e che rimangono buoni per settimane, dentro o fuori dal frigorifero, invece di marcire nel giro di due o tre giorni.

Non è nemmeno tutto qui: con l'agricoltore s'instaura un rapporto di reciproca fiducia, ma basterebbe che mi fermassi al fatto che si crei un rapporto per sottolineare l'abisso che separa l'approccio del consumo globale da quello dell'acquisto consapevole.

Poche sere fa ho avuto la necessità di entrare in un noto centro commerciale della provincia di Brescia e ne sono uscita alienata e stordita. Dalla "scoperta" dei mercati contadini, ma soprattutto dal mio trasferimento in Sardegna, la mia testa ha progressivamente soppiantato l'abitudine di pensare ad i centri commerciali come soluzioni a qualunque tipo di esigenza. Mi serve un regalo di compleanno: centro commerciale. Devo stampare delle fotografie: centro commerciale. Mi serve un nuovo paio di jeans: centro commerciale. No, tutto questo per me è cambiato da quando guardandomi attorno mi sono accorta che le strade dei paesi e delle città sono piene di negozi indipendenti che arrancano dietro all'avanzate dei grandi centri commerciali, ma che offrono esattamente tutto ciò di cui una persona ha bisogno. Per le nostre nonne e per alcune delle nostre mamme era ovvio, per noi è ovvio il contrario: chiuderci in un posto che emula l'aperto, esposti a bombardamenti pubblicitari, pieno di negozi in franchising che ci rendono tutti identici nell'aspetto ed appiattiscono ogni personalità e creatività. Perché è comodo e siamo abituati così.

Le abitudini si possono cambiare e lo si può fare a cuor leggero.
Decrescita per me è tornare ad essere una persona e non essere io stessa un prodotto della globalizzazione; tornare a saper fare le cose; tornare a scambiare parole, esperienze e stima con le altre persone; dimenticarmi dei soldi per dare più valore alla felicità; tornare ad avere un rapporto con la terra che ci genera, ci ospita e ci nutre; sapere che "etico e giusto" non è un concetto né astratto né difficile, ma alla portata di ogni gesto quotidiano.

10 commenti:

  1. Ciao Francesca...permettimi un'osservazione: un conto è andare al mercatino del contadino, cambiare le prprie abitudini (più consapevolezza ecologica etc...) e tutto questo come dici tu lo si può fare anche a cuor leggero,un'altra questione è però una scelta come la vostra di fare le "contadine felici"..e la parola "scelta" è un po in contraddizione con quello scritto nel Vs. blog ne"la nostra storia" dove si lascia intedere che più che di una scelta etica ed ecologica-no global...si sia trattata di una scelta obbligata da altri eventi.Tanto di cappello per la vostra "scelta" coraggiosa...ma se tutti facessero come voi in che mondo vivremmo?in un mondo migliore?Sarebbe praticamente un mondo senza econimia...se non quella basata sul baratto,tu dai una carota a me ed io il mio bel zucchino a te..ma i soldi per la sanità gratiuta, per una scuola per tutti, etc chi ce li mette?Ce li mette lo stato che per colpa dei contadini felici ha un PIL che fa cag...anzi non ha PIL?Esaminando poi la vostra specifica"scelta", beh...non è da tutti lo so, ma non è nemmeno da tutti avere un pezzo di terra incolto, non è da tutti avere una casa d'appoggio e non è da tutti poter Tele-lavorare per poter arrivare dove non arriva la Decrescita felice...insomma...Decrescere mi sembra una "scelta" profondamente egoistica...etica si...ma allo stesso modo egoistica

    RispondiElimina
    Risposte
    1. O.o Non ho capito, quindi è colpa di chi vuole mangiare se lo "stato" no ha PIL? ... Vabbè, cooomuuunque,Ragassuoleeeeee! Quando posso egoisticamente venire a zappare la terra e cucinarvi vegan in cambio del divano? (nel senso che ci dormirei sul divano, mica ve lo porterei via eh.)

      Elimina
    2. Cri! Lunedì sfogliamo il calendario e decidiamo quando farti venire a lavorare :D

      Elimina
  2. Ragzzi, sia ben chiaro la mia non è un a critica..ma bensì una riflessione:e generalmente rifletto sulle cose che mi interessano.Poter vivere in modo Etico, senza avvelenarci troppo,senza la pressione del tempo che viaggia veloce,curasi in maniera naturale,dimenticandosi del dio denaro,amare la terra come lei ama noi,credo sia il sogno di molti di noi, me compreso, mi chiedevo solo quanto sia fattibile a tutti e soprattutto quanto la decrescita felice sia realmente applicabile su larga scala e se possa far bene alla sociètà..nel senso che mi sembra un po una scelta che non pensa troppo alle conseguenze se applicata da tutti...come dire: sto bene io...e della sociètà poco mi importa, se lo stato non ha il PIL, non è colpa di chi vuol mangiare...ma di chi non produce e non immette liquidi sul mercato, spesso associata ad una cattiva gestione di questi ultimi;perchè uno stato non campa di aria e per costruire le strade,per garantirci una rendita anche in età avanzata,per comprare mezzi con i quali soccorre i disperati in mare o per contrastare l'avanzata dei terroristi islamici..non bastano due carote e quartto pannelli solari..purtroppo..che si voglia o no...serve il PIL!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao, Luca! Ti ringrazio per i commenti perché mi danno la possibilità di dilungarmi su alcuni punti che nel post ho tralasciato per amor di sintesi.
      Cominciamo da quello che parrebbe starti più a cuore: il P.I.L.. Nel sito che ho suggerito come fonte autorevole sul tema della decrescita ti indirizzerei su una pagina in particolare, quella che spiega la questione in termini economici molto meglio di come potrei fare io. Ti riporto uno dei passaggi fondamentali per questo nostro piccolo dibattito:

      "La decrescita non è la riduzione quantitativa del prodotto interno lordo. Non è la recessione. E non si identifica nemmeno con la riduzione volontaria dei consumi per ragioni etiche, con la rinuncia, perché la rinuncia implica una valutazione positiva di ciò a cui si rinuncia. La decrescita è il rifiuto razionale di ciò che non serve. Non dice: «ne faccio a meno perché è giusto così». Dice: «non so cosa farmene e non voglio spendere una parte della mia vita a lavorare per guadagnare il denaro necessario a comprarlo». La decrescita non si realizza sostituendo semplicemente il segno più col segno meno davanti all’indicatore che valuta il fare umano in termini quantitativi."

      Ti invito a leggere per intero l'articolo, ma il succo è che non si tratta di spendere meno e basta, ma di consumare meno e consumare meglio.

      La seconda questione sta a cuore a me ed è la fortuna. Nel senso che mi sta a cuore la nostra fortuna, a cui siamo grate e che non ho mancato di citare in Monte Pedru. Le abbiamo persino dato un nome "esoterico", la chiamiamo Lo Spirito del Mondo. Proprio perché consapevoli di essere fortunate la vera ingiustizia sarebbe stata continuare a non vedere la soluzione che abbiamo scelto di sviluppare, senza che nulla ci obbligasse a farlo.

      Ciao :)

      Elimina
  3. Ma che stronzate ragazzi...adesso è x colpa dei decrescenti se l'Italia va in malora...spero come dici tu che questa scelta non la facciano tutti,ma sia una cosa riservata a pochi eletti...e non come dici tu ai "fortunati" del tele-lavoro o ai "fortunati" che hanno una casa dove appoggiarsi...

    RispondiElimina
  4. Comunque son Fanbo

    RispondiElimina
  5. Grazie Francesca x il link..l'ho letto con molta attenzione,come sto leggendo con curiosità il libro di Pallante.Sinceramente non ho ancora le idee chiare,ma credo che nel concetto di decrescita ci siamo alcune cose buone e fattibili altre che lo sono meno,sicuramente non butteri tutto..ma come ho già detto credo che decrescere troppo o in troppi andrebbe a creare problemi nel senso inverso...ensoma l'è ù casì.per rispondere a Fanbo:non ho detto che se l'Italia va male,è colpa di chi decresce..diciamo che non vedrei un bel futuro se tutti lo dovessero fare...al di là di tutto,tanta stima per tre ragazze che si mettono in gioco cercando alternative,e per di più alternative etiche e sicuramente salutistiche.io per il momento leggo,mi informo e cerco anche con il vostro esempio ed aiuto di capirne di più su questo argomento..cercando nel contempo di vivere una vita serena e per me appagante...proprio come spero sia la vostra per voi.ciao

    RispondiElimina

I commenti sono moderati (ne dobbiamo approvare la pubblicazione perché siano visibili sul blog), ma sentiti liber* di scrivere senza pietà impressioni, suggerimenti, perplessità. Le uniche cose non saranno pubblicate sono spam e volgarità.